Il presente studio analizza le oscillazioni giurisprudenziali riguardanti l’affidamento in prova a fini terapeutici per tossicodipendenti, esaminando le implicazioni legali e le classificazioni delle dipendenze, evidenziando, in particolare, i cambiamenti normativi e le interpretazioni della Suprema Corte di Cassazione. Con riferimento alla nozione di “dipendenza patologica”, quest’ultima è definita e classificata nel DSM-5, evidenziando continuità e novità rispetto al DSM-4. In riferimento alla questione giuridica dell’affidamento terapeutico, la Suprema Corte ha stabilito nel 2016 che tossicodipendenza e uso abituale di sostanze sono sinonimi per l’affidamento terapeutico. La sentenza del 2016 ha annullato precedenti decisioni che consideravano le due condizioni distinte, sulla base dei dettami del DSM-4. L’uso abituale di sostanze è ora considerato equivalente alla tossicodipendenza per accedere a programmi di recupero, inquadrandosi le due nozioni nella più generale categoria dei “Disturbi da dipendenza e correlati all’uso di sostanze” prevista dal DSM-5, all’interno della quale essi poi vanno distinte per grado in base alla gravità (lievi, moderate e gravi). Un importante cambiamento di orientamento della Corte di Cassazione si è verificato nel 2024, quando la Suprema Corte, recependo alcune perplessità manifestate della magistratura di sorveglianza, è tornata invece a stabilire che il consumo abituale di droghe non si risolve automaticamente in una condizione patologica. Il mero consumo abituale non garantisce l’accesso ai benefici penitenziari, essendo al contrario necessaria una prova rigorosa della dipendenza, per accedere alla misura alternativa alla detenzione e richiedendo criteri specifici per la diagnosi. La documentazione del Ser.D. dovrebbe, anzi in primis attestare l’abitualità per considerare la tossicodipendenza come passo successivo. Si analizzano, di seguito, i rapporti tra affidamento terapeutico per tossicodipendenti e pericolosità del richiedente, nonché, a livello normativo, tra reato continuato e tossicodipendenza. Si tratteggiano, in generale, le linee del sistema del trattamento penitenziario italiano per tossicodipendenti.
Un capitolo a parte è dedicato alla complessa e controversa questione dell’imputabilità dei tossicodipendenti, anche alla luce delle nuove prospettive offerte dalle moderne neuroscienze e dallo sviluppo di strategie farmacologiche per ridurre il desiderio e migliorare il controllo degli impulsi. Si passano poi in rassegna le diverse alternative terapeutiche e le misure di recupero offerte dalle leggi italiane per i tossicodipendenti detenuti. In tale contesto, si sottolinea l’evoluzione della tossicodipendenza e dei relativi trattamenti. La tossicodipendenza è cambiata, con un aumento del poliabuso di sostanze. I nuovi abusatori cercano stati emotivi attraverso combinazioni di sostanze. Le terapie standardizzate non sono più efficaci per i poliassuntori e si rende necessaria una valutazione clinica più ampia per affrontare le dipendenze contemporanee. Emergono così discrepanze tra esigenze giuridiche e realtà cliniche, dal momento che la mancanza di supporto psichiatrico adeguato nei servizi pubblici può portare a trattamenti inadeguati.
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This study analyzes the jurisprudential shifts regarding probation for therapeutic purposes for drug addicts, examining the legal implications and classifications of addictions, highlighting, in particular, regulatory changes and interpretations by the Supreme Court of Cassation. Regarding the concept of “pathological addiction”, the latter is defined and classified in the DSM-5, highlighting both continuity and innovations compared to the DSM-4.  Regarding the legal issue of therapeutic placement, the Supreme Court ruled in 2016 that drug addiction and habitual substance use are synonymous for therapeutic placement. The 2016 ruling overturned previous decisions that considered the two conditions distinct, based on the provisions of the DSM-4. Habitual substance use is now considered equivalent to drug addiction for access to treatment programs, placing the two concepts within the more general category of “addictive and substance use disorders” provided for by the DSM-5, within which they are then classified according to their severity (mild, moderate, and severe).  A significant shift in the Court of Cassation’s stance occurred in 2024, when the Supreme Court, addressing some concerns expressed by the supervisory court, reaffirmed that habitual drug use does not automatically result in a pathological condition. Mere habitual use does not guarantee access to prison benefits; on the contrary, rigorous proof of addiction is required to access alternative measures to detention, requiring specific criteria for diagnosis. Indeed, documentation from the Ser.D. should, above all, attest to habitual use in order to consider drug addiction as a next step.  The following section analyzes the relationship between therapeutic placement for drug addicts and the dangerousness of the applicant, as well as, at a regulatory level, between continuing crime and drug addiction. The general outline of the Italian penitentiary treatment system for drug addicts is outlined. A separate chapter is dedicated to the complex and controversial issue of drug addicts’ imputability, also in light of the new perspectives offered by modern neuroscience and the development of pharmacological strategies to reduce cravings and improve impulse control. The various treatment options and rehabilitation measures offered by Italian law for drug addicts in prison are then reviewed. In this context, the evolution of drug addiction and related treatments is highlighted. Drug addiction has changed, with an increase in polysubstance abuse. New abusers seek emotional states through combinations of substances. Standardized therapies are no longer effective for polydrug users, and a broader clinical assessment is needed to address contemporary addictions. This leads to discrepancies between legal requirements and clinical reality, as a lack of adequate psychiatric support in public services can lead to inadequate treatment.

Stefano Di Pinto
Docente a contratto di Diritto Penale nel Master Interfacoltà di II Livello in Scienze Forensi (Criminologia – Investigazione – Security – Intelligence) dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”

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*Il contributo è stato sottoposto in forma anonima, con esito favorevole, alla valutazione di due revisori esperti.

Rivista quadrimestrale di scienze penalistiche
ISSN 2974-7503

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